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“E se ti dicessi che questa storia è vera?” “438 Giorni alla Deriva – Sopravvive da Solo in Mare e Poi lo Accusano di Essere un Cannibale” Storia Misteriosa

  • Immagine del redattore: Cristina De Santis
    Cristina De Santis
  • 31 mag
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 18 giu

Naufragato nel 2012 e ritrovato nel 2014, percorse 11.000 km in mare aperto. Una storia vera di sopravvivenza, dolore e una Storia misteriosa che ha scioccato il mondo.


Quando ho letto la storia di José Salvador Alvarenga, ho sentito un nodo allo stomaco.

Non è solo un racconto di sopravvivenza estrema, ma una testimonianza di dolore, solitudine e verità messe in dubbio.

Mi ha colpito profondamente, Perché a volte la realtà è così assurda da sembrare una Storia impossibile.


Quando José Salvador Alvarenga salpò dal porto di Costa Azul nel novembre del 2012, con sé aveva un giovane di 22 anni, Ezequiel Córdoba. Un ragazzo semplice, riservato, non abituato al mare, ma desideroso di guadagnare qualcosa.

José gli aveva dato 50 dollari per accompagnarlo in quella che doveva essere una normale spedizione di pesca di 30 ore. Nient’altro. Ma quella barca non sarebbe mai più tornata a riva.

La tempesta li sorprese in mare aperto. Il motore si ruppe, la radio smise di funzionare. In breve, furono inghiottiti dal Pacifico, alla deriva, senza nessuno che li cercasse davvero.

Per settimane, sopravvissero insieme mangiando pesci crudi, uccelli catturati a mani nude, e bevendo pioggia. Ma il corpo di Ezequiel iniziò a cedere. Smise di mangiare. Si chiuse nel silenzio. E alla fine… morì.

José lo tenne con sé, parlò con lui anche dopo la morte, incapace di lasciarlo andare. Poi, una notte, lo affidò all’oceano. Senza cimitero, senza addio. Solo acqua. E silenzio.

Il 30 gennaio 2014, oltre un anno dopo la partenza, José mise piede su una spiaggia delle Isole Marshall. Aveva percorso quasi 11.000 chilometri in balia dell’oceano.

Era vivo. Ma irriconoscibile.

Cadde in ginocchio. Aveva perso peso, denti, lucidità… ma era vivo.



Lo curarono. Lo lavarono. Lo ascoltarono.

All’inizio, Alvarenga fu osannato: l’uomo che sopravvisse 438 giorni nell’Oceano Pacifico, senza strumenti, senza bussola, senza speranze. Ma con la notorietà arrivarono anche le ombre.

Il ritorno fu amaro.



Alcuni dissero che mentiva. Che aveva inventato tutto. Altri, peggio ancora, lo accusarono di aver mangiato Ezequiel per sopravvivere. Fu persino denunciato dalla famiglia del ragazzo, nonostante avesse raccontato loro cosa era realmente accaduto, come avevano lottato, come avevano resistito. Come, infine, Ezequiel era morto.

 

Ma i medici, gli esperti, i dati GPS delle correnti, le testimonianze del porto da cui era salpato… tutto confermava la verità.

José non era un mostro. Era un miracolo.

Oggi vive lontano dal mare.

Lo guarda da lontano, ma non vi entra più. Non pesca, non nuota, non naviga. Dice che il mare è vivo. E che quando chiude gli occhi, lo sente ancora parlare.

Nessuna prova. Solo sospetti. E dolore.

🎬 Una storia da film... davvero

Produttori americani iniziarono a fiutare la possibilità di portare la vicenda al cinema.




Del resto, sembrava scritta da Hollywood: naufragio, morte, resurrezione, mistero, accuse, tradimenti… e una lotta per la verità.

Ma la realtà fu ben diversa.

José tornò nel silenzio del suo villaggio, San Francisco Menéndez, nel dipartimento di Ahuachapán, in El Salvador. Vive oggi in una casa in affitto con i suoi genitori e la figlia. Non fa più interviste e non cerca fama, ma ha GIURATO che tutto quello che ha raccontato è la verità.

📌 Conclusione

José Alvarenga oggi è tornato a vivere. Ma non è più lo stesso. Non va al mare. Non pesca. Non nuota. Quando chiude gli occhi… sente ancora le onde.

Storia vera

📚 Raccontata nel libro 438 Days di Jonathan Franklin📺 Documentata da BBC, National Geographic, The Guardian


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